Un nuovo modo di pensare il cibo in relazione all’ambiente: è il “food hacker”, nuova filiera partecipata ed etica presentata a Masterclass Green, ospitata negli spazi aperti della Green Zone del Festival, presso i “Cavalieri del Grifone”. Tra balle di paglia e frutta bio offerta ai masterclasser, l’incontro si concentra sul nuovo paradigma che ripensa l’agricoltura come “rural social innovation”, contro le dinamiche di sfruttamento, schiavismo e caporalato. Una nuova coscienza stimolata attraverso il meccanismo narrativo dello storytelling, con la proiezione di brevi frammenti del documentario “La ricetta” ideato dal collettivo Funky Tomato, con la regia di Giordano Acquaviva e la collaborazione con lo chef gastrosofo, Federico Vallicenti.
Tecnologia applicata all’agricoltura, quindi, in un’ottica di “etica hacker” evidenziata da Alex Giordano, coordinatore del progetto Societing 4.0 dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, intesa nel senso più etimologico del termine con una vis artigiana di condivisione e conoscenza. Ispiratore del movimento del food hacking è Federico Vallicenti, fondatore della “Cibosofia”, neologismo che sintetizza il racconto del territorio attraverso il cibo. “Ciò che mi interessa non è la tipicità dei prodotti, ma la “topocità” – spiega lo chef - Oggi si chiama storytelling, ma prima si chiamava in gergo “fattariello”.
E così, nel docufilm girato a Cersosimo, paese di 650 abitanti nel parco del Pollino, il pomodoro diventa elemento narrativo, per indagare, denunciare, documentare, inserendo nella pratica agricola la risonanza di performance creative e artistico-musicali. “Siamo tutti sfruttati, non c’entra il colore della pelle, si assiste allo sfruttamento dell’uomo sull’uomo per la grande distribuzione”, insiste Vallicenti. Slow life, quindi, (recuperando il valore del tempo e della lentezza dei piccoli paesi) e consapevolezza nello scegliere è l’invito ai giovani in platea. Etica, soprattutto, nel rapporto tra produttori e braccianti sfruttati in tutta Italia: “Non è solo una questione meridionale – evidenzia Paolo Russo nel raccontare Funky Tomato, promotore del documentario nato dall’esigenza di una contro-narrazione sulla cultura del mezzogiorno nella lotta al caporalato - La legge attuale criminalizza, ma non considera tutti gli elementi. Il primo grande caporale è la distribuzione organizzata, ma anche il consumatore che decide di comprare un vasetto di pomodoro a 20 centesimi di risparmio. Sarebbe necessario pensare ad incentivi statali per attivare percorsi etici”.