Sale sul ring della Cittadella del Cinema il wrestler King Danza. È toccato ai giurati della categoria Generator +13 accogliere a colpi di curiosità il gigante del wrestling Giuseppe Danza: “Il Giffoni Film Festival è sempre stato uno dei miei obiettivi. Sono un salernitano – ha sottolineato - e poter partecipare oggi come ospite a questa eccellenza che rappresenta la mia Terra ovunque mi riempie di soddisfazione”.
Una carriera contraddistinta da duro lavoro quella di King Danza: piccolissimo sognava l’America nella sua cameretta e senza perdersi d’animo immaginava la sua vita su quel ring che rappresenta la sua dimensione perfetta. “La magia è in tutto quello che ci fa innamorare di qualcosa e io sono completamente innamorato del mio lavoro e dell’energia di questi ragazzi – ha raccontato in Sala Truffaut -. Spero di lasciare un po' di me in ognuno di loro. Mi sono innamorato del wrestling dopo aver guardato per la prima volta a 9 anni il film Man of the Moon di Miloš Forman. Promisi a me stesso che sarei diventato un lottatore, e oggi posso dire che non ho deluso le mie aspettative”.
Incuriositi i giffoners, il gigante buono e la sua storia magica partita proprio da Salerno hanno dato libero sfogo a domande dettagliate sul mondo del wrestling che si intreccia con quello del cinema. E a chi storce il naso, definendo questo mondo come “cattivo, da tenere lontano dai bambini”, King Danza risponde senza dubbi: “La violenza è sbagliata in qualsiasi ambito, ma vanno fatte le giuste differenze. Fa paura quello che non si conosce, nel wrestling la violenza è simulata. Il wrestling è un film, uno spettacolo teatrale, un fumetto”. Il suo nome è un omaggio a Elvis Presley e, come ha spiegato ai giurati, una provocazione. “La famiglia esorta i propri figli a studiare, a laurearsi e diventare dottore – ha commentato King -. Io invece che farmi chiamare dottore, ho scelto di diventare il re perché l’importante è inseguire e realizzare un sogno a prescindere da quale esso sia”. Il cinema lo affascina e non poco. “La passione che ho messo sul ring e gli anni di pratica per raffinare e affinare il mio personaggio hanno fatto si che i registi mi chiamassero – ha continuato -. Tiger Boy è stata la mia prima esperienza, avevo un ruolo piccolo, con Ispettore Coliandro ho cominciato a capire meglio i ritmi e la disciplina dei set cinematografici”. Ancora sogni e magia negli occhi del wrestler. “In un mondo così brutto sono contento di interpretare il cattivo sul ring, posso dare la speranza che anche i cattivi possono perdere”.